ANAGOOR

ECLOGA XI

UN OMAGGIO PRESUNTUOSO ALLA GRANDE OMBRA DI ANDREA ZANZOTTO

 

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Il titolo di questo lavoro allude alla raccolta di versi IX Ecloghe che Andrea Zanzotto pubblicò nel 1962. Il poeta di Pieve di Soligo sceglieva per umiltà di stare un passo indietro al luminoso Virgilio e alle dieci ecloghe delle Bucoliche.

Oggi, tuttavia, noi possiamo scorgere nell’intera opera di Zanzotto la realizzazione di una catena poetica che da Virgilio (a Dante, a Petrarca, a Hölderlin, a Leopardi, a Pasolini, a Celan… transitando e rilanciando ponti di poeta in poeta) porta la fiamma oltre. Non una gara tra poeti, ma una corsa a staffetta: così la tradizione è sottoposta ad oltranza per mettere a rischio se stessi più dei propri padri, per stare in precario equilibrio tra l’aura del passato e il disincanto cui la poesia va incontro in questa società post capitalistica.

 

This new work’s title alludes to the collection of verse IX Eclogues that Andrea Zanzotto published in 1962. The poet from Pieve di Soligo out of modesty chose to stay one step back to the shining Virgil and to the ten eclogues of the Bucolics.

Today, however, we can discern in the entire Zanzotto’s work the realization of a poetic chain that from Virgil (to Dante, to Petrarch, to Hölderlin, to Leopardi, to Pasolini, to Celan… transiting and reviving bridges from poet to poet) leads the flame beyond. Not a race among poets, but a relay race: so, the tradition is submitted to the bitter endto put themselves at greater risk than their fathers, to be in precarious balance between the aura of the past and the disenchantment poetry faces within this capitalist society.

 
 
Dimmi quale e che modo di collassarsi
Dimmi quale lingua ho perduto e lasciato collassarsi
Dimmi in che lingua ho perduto ho collassato
 
 

Zanzotto sembra raccogliere tutti i testimoni, tutti i segnali di luce provenienti dal passato e, scorgendo in avanti i segni indecifrabili della luce futura, solleva e agita la lanterna nella notte del presente facendosi Virgilio per tutti noi.

 

Zanzotto seems to collect all the witnesses, all the light signals from the past and, spotting forward the indecipherable signs of the future light, he lifts and waves the lantern in the night of the present making himself Virgil for us all.

 
 

Ultra moderno e antichissimo a un tempo, Zanzotto sa bene che la letteratura è come un coro di voci di morti. L’ultra modernità da antichissimo che connota Zanzotto non è tuttavia un dato puramente letterario, e la sovrimpressione delle bucoliche al proprio paesaggio, al proprio linguaggio, non è mai piana memoria letteraria, bensì̀ percezione di una irrimediabile frattura tra chi è ormai “versato nel duemila” e quel mondo perduto. Questa consapevolezza coincide e si estende in coscienza della faglia su cui si cammina che è una visione paleontologica più che storico-culturale: non si può più parlare di tradizione in modo neutro, dimenticando che i secoli intercorsi tra Omero e noi sono nulla rispetto alla vertigine del tempo biologico, geologico e ancor più astrologico. Zanzotto capta e illumina l’inferno dentro il quale siamo calati eppure ostinatamente regge il fuoco di una speranza bambina.

 

At once both ultramodern and age-old, Zanzotto is well aware that literature is like a choir of deads’ voices. However, the ultra-modernity of an age-old man that connotes Zanzotto, is not a purely literary datum, and the superimposition of the Bucolics to their own landscape, their own language, is never flat literary memory, but perception of an irreparable rift between those who are by now “versed in the two-thousands” and that long-lost world. This awareness coincides and extends in conscience of the fault you walk on that is a paleontological concept than a historical-cultural one: we can no longer speak neutrally about tradition, ignoring that the centuries between us and Homer are, but a speck of dust compared to the dizziness of biological, geological and, even more, astrological time. Zanzotto captures and illuminates the hell into which we are lowered yet stubbornly holds the fire of a childlike hope.

 
 

L’intera sua opera rivela una natura complessa e cangiante, inafferrabile ma non oscura: il poeta del paesaggio, attraverso la visione della devastazione del paesaggio e la crisi del paesaggio interiore, della psiche e della lingua, afferra e connette le cause e gli effetti di un dolore che rende muti, ergendosi presto come forza civile e storica e persino metafisica. È qui che si manifesta il raggiungimento del maestro: l’intera opera di Zanzotto, come una nuova ecloga, oltre le dieci di Virgilio, parla con la voce futura della profezia e rinnova la visione di un bambino che verrà.

 

His entire work reveals a complex and shimmering nature, elusive but not obscure: the landscape poet, through the vision of the devastation of the landscape and the crisis of the inner landscape, of the psyche and language, grasps and connects the causes and effects of a pain that makes dumb, soon rising as a civil and historical and even metaphysical force. It’s here that the achievement of the master is manifested: the whole Zanzotto’s work as a new eclogue, beyond Virgil’s ten, speaks the future voice of prophecy and renews the vision of a child who will come and smile at his parents.

 
 

Un sottotitolo accompagna il titolo principale “un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto” esattamente come le IX Ecloghe erano state definite da Zanzotto stesso “un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Virgilio”: riconosciamo così come inevitabile il difetto rispetto ad un’opera immensa e (per quanto spinto dall’amore) arrogante ogni tentativo di definirla.

 

A subtitle accompanies the main title “a presumptuous tribute to the great shadow of Andrea Zanzotto” exactly as the IX Eclogues had been defined by Zanzotto himself “a presumptuous tribute to the to the great shadow of Virgil”: we thus recognize as inevitable the flaw compared to an immense work and (however love-driven) arrogant any attempt to define it.

 
 

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ANAGOOR
ECLOGA XI

un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto

with
Leda Kreider, Marco Menegoni

music and sound design
Mauro Martinuz

Dramaturgy
Simone Derai, Lisa Gasparotto

Direction, set, lights
Simone Derai

Voice of the Venetian Recitativo
Luca Altavilla

The scene hosts an evocation of the opera Wood #12 A Z courtesy of Francesco De Grandi.

video
Simone Derai, Giulio Favotto

Realizations
Luisa Fabris

Promotional image created by
Giacomo Carmagnola

technical assistance
Matteo Cusinato

organization
Annalisa Grisi

administration
Maria Grazia Tonon

management and distribution
Michele Mele

Centrale Fies staff
Marco Burchini, Vania Lorenzi, Sara Ischia

production
Anagoor 2022

coproduction
Centrale Fies, Fondazione Teatro Donizetti Bergamo, ERT Emilia Romagna Teatro (Italy), TPE – Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi, Operaestate Festival Veneto

photographic credits
Giulio Favotto

live video shot by
Giulio Favotto

full live video editing and post production
Marco Menegoni, Giulio Favotto, Simone Derai, Mauro Martinuz